Anna By

Quand’è stata l’ultima volta che sei stata davvero ‘bene’ a tavola?


Nonostante abbia visitato decine di ristoranti negli ultimi mesi (e migliaia negli ultimi vent’anni, del resto) tra lavoro e diletto, non riesco a rispondere a questa domanda.
E questo mi fa sorgere un dubbio sulle mie frequentazioni ma soprattutto sulla condizione e sulle scelte della cucina italiana attuale.
Che cosa significa, per me, star bene a tavola?
Che ci crediate o no, innanzitutto significa essere con la miglior compagnia possibile.
Potrei andare da Daniel Humm, e mangiare alla perfezione i miei piatti preferiti, ma senza la giusta atmosfera e i giusti commensali sarebbe comunque un’esperienza a metà.
Andare a cena ‘per lavoro’ ti permette molto spesso di vedere e provare posti che non avresti provato se fossi sola, in condizioni particoralmente ‘coccolate’. Ma sempre in compagnia di persone che non scegli. Magari simpaticissime, ma non i tuoi veri amici. Non le persone che ami.
Comportamento, atteggiamenti, pensieri: nulla può essere autenticamente spontaneo. E lo spettro dell’articolo che dovrai scrivere è lì che ti fissa, dall’alto della spalla destra: divertiti pure, mia cara, ma tanto a brevissimo ti dovrai confrontare con una bella pagina bianca. Vedi di ricordarti bene quello che sta succedendo, prendi appunti, scambia biglietti da visita, fai foto. Non credere di passarla liscia.
Poi viene il cibo. E su quello, francamente, a parte poche e rare eccezioni, io proprio non posso lamentarmi. Vado da medio alto a altissimo, non c’è dubbio. Inutile nascondersi.
Ma… Quello che mangio ‘per lavoro’ è davvero quello che mi piace? No.
(Sì, ho scritto davvero NO).
A me piace il vitello tonnato. Mi piacciono le patatine fritte, la pizza, la pasta al pomodoro. Le penne, gli spaghetti. La focaccia calda col prosciutto cotto. L’arrosto col purè. Mi piacciono anche le praline di cioccolato fritte con chinotto e caviale di Carlo Cracco. Ma meno. È uno dei ricordi più vividi nella mia mente palatale professionale, certo. Mi ha entusiasmata, certo. Ma mai come il risotto ai quattro formaggi della nonna Ione.
Più mangio cose meravigliose cucinate dai grandi chef, più mi stupisco delle meraviglie che riescono a creare, più racconto le magnifiche esperienze che vivo quotidianamente… E più mi dico che però, io, potessi scegliere, mangerei tutta la vita la cucina di casa.
Solo che io, a casa, non mangio quasi mai. E quando mangio a casa, devo cucinare io.
Adoro farlo: è uno dei miei antistress preferiti. Ma se cucino io, poi l’esperienza a tavola non è ‘comoda’. Ti alzi, finisci un piatto, pensi al prossimo, incastri i tempi. Mangi bene, probabilmente. Ma sicuramente non sarà un’esperienza memorabile per comodità.
E allora? Qualcuno trova la quadra? O invito Cracco a cucinare da me?

 

Anna
Anna
About me

Anna Prandoni, giornalista e scrittrice, si occupa da oltre quindici anni di enogastronomia, con particolare attenzione alla storia dell’alimentazione e alla sua influenza sulla cultura e sulla società italiane. www.annaprandoni.it

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