Anna By

La pasta soffre di solitudine


Prendi un pastaio, mettilo sulle Dolomiti. Scopri che la sua pasta è buona appena la getti nell’acqua bollente, e immediatamente si sprigionano i profumi inconfondibili del grano.

Ascolta la sua storia, e sempre più ti convinci che nulla succede per caso, e che la qualità è una conquista che si perfeziona poco a poco, con tenacia, con competenza, con convinzione.

Sentendo le parole di Riccardo Felicetti percepisci subito l’unicità di un uomo che non si nasconde, non si esalta, ma – semplicemente – lavora, tanto e bene.

“A Roma sei il Presidente Felicetti, a Predazzo sei ‘il Riccardo’, quello con cui andavi alle elementari”. Pochi grilli per la testa, per un imprenditore che vive nel territorio e da qui prende l’energia necessaria per costruire la sua idea di azienda.

Fatta di persone, con le fondamenta in un luogo maestoso e difficile, bellissimo. Luogo che fa la differenza, e che è allo stesso tempo vincolo e artefice del successo. Perché qualche decennio fa, chi avrebbe scommesso che una pasta fatta sulle Dolomiti sarebbe diventata una delle più amate dagli chef italiani?

Solo chi era in grado di ascoltare la storia, e di proseguire – rendendola contemporanea – la lunga tradizione di famiglia, che risale al 1908.

Qualcuno che prima ha fatto alzare di notte i suoi compagni delle elementari, decidendo che la produzione doveva essere continua, e introducendo i turni su 24 ore in un territorio dove il concetto di ‘fabbrica’ non esisteva.

E poi ha puntato sul grano, anzi, sul ‘monograno’, che ormai è diventato un marchio di riconoscimento di questo avamposto della cultura pastaia italiana verso Austria e Germania, e tutto il nord Europa.

Riccardo Felicetti

Riccardo Felicetti

E anche quando sceglie questa strada, lo fa in maniera etica e pulita: “Ho iniziato nel 2004 a selezionare le semole per produrre paste monograno. E cercavo prodotti buoni, prima che bio, anche se siamo uno dei primi produttori di pasta bio al mondo. Abbiamo scelto il kamut, il farro, e il matt, evitando fino a quest’anno il Cappelli, per rispetto verso il grande lavoro fatto su questo grano da Carlo e Carla Latini, un vero punto di riferimento per questo prodotto. La selezione degli agricoltori è fondamentale: noi facciamo i pastai, non i contadini. E io rispetto molto le differenti professionalità, e credo nella condivisione di queste singole sapienze, per arrivare alla creazione di un prodotto eccezionale. Il resto lo fanno il nostro saper fare, e le scelte che si introducono in azienda, usando macchinari di grande qualità – molti dei quali prodotti in Italia – e l’approccio artigianale all’industria. Mai confondere l’artigianalità con la manualità! Si può essere artigiani anche scegliendo i tempi perfetti per far arrotolare le tagliatelle, pur se questo lavoro viene fatto da una macchina.”

Lo dice ‘il Riccardo’, nella sua sala riunioni con vista sulle montagne che vegliano su Predazzo, nel suo camice di lino su misura, con il nome ricamato a mano, in blu. E lo ripete mentre cammina nei suoi boschi, con una leggera pioggerella che fa sprigionare tutti i profumi del muschio: ‘La pasta soffre di solitudine: quando la cuoci non puoi allontanarti.’ No, non è follia, non è fissazione. E’ l’entusiasmo di chi ha costruito la sua vita attorno a un’idea, ancora prima che a un prodotto. E che, da grande, ha ricevuto il dono più gratificante: l’abbraccio di suo padre Valentino, che pochi giorni fa ha lasciato a lui e a suo fratello le redini dell’azienda di famiglia, perché sa che è in ottime mani.

Pastificio Felicetti

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Anna
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About me

Anna Prandoni, giornalista e scrittrice, si occupa da oltre quindici anni di enogastronomia, con particolare attenzione alla storia dell’alimentazione e alla sua influenza sulla cultura e sulla società italiane. www.annaprandoni.it

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