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CioccolatItaliani: FBTB, dalla fava di cacao alla tavoletta


CioccolatItaliani, tutto attaccato e omettendo una delle vocali in mezzo, proprio come unaricettalgiorno. Compatti e diretti nel nome e nell’intento, ovvero promuovere il cioccolato nostrano in tutte le sue manifestazioni: gelati, dolci, tavolette, caffè. L’unica ‘i’ in mezzo al nome è maiuscola a rivendicare l’italianità del prodotto finale, diremmo. L’azienda, nata nel 2009 dall’idea di un imprenditore partenopeo di nascita e bocconiano di studi, Vincenzo Ferrieri, conta 23 punti vendita, in Italia e all’estero.

Protagonista un prodotto sicuramente attrattivo per molti, forse per tutti, nelle sue molteplici varianti; puoi incontrare chi non ama il fondente, ripiegherà su quello al latte, ma qualcuno che proprio non ami il cioccolato impossibile trovarlo. Al centro di manifestazioni dedicate – da poco si è concluso a Milano il Salon du chocolat – ma anche un prodotto in grado di conferire una qualifica specifica a pasticceri abili nel maneggiarlo e lavorarlo, i Maitre chocolatier.

La sede della presentazione è quella di Via De Amicis, dove sorse il primo negozio di CioccolatItalciocco3iani a Milano, ora completamente ristrutturato per la presentazione del progetto “From bean to bar” live. L’espressione non è nuova e appassiona da qualche anno a tutte le latitudini. Si tratta del cioccolato artigianale e personalizzato, con il processo home made completo, dalla fava alla tavoletta. Blasonati esempi giungono d’oltralpe, come la Manifacture du chocolat di Alain Ducasse, ma anche in Italia non mancano bravi artigiani.

Il rivenditore si fa produttore, vere e proprie manifatture appunto; ne risulta un prodotto unico e che punta alla qualità grazie al controllo della filiera, alla scelta del cacao e anche al supporto della tecnologia, moderne macchine in grado di compiere tutto il processo produttivo, e in tempi ridotti. Al Salon du Chocolat era esposta quest’anno la macchina di Domori, un’unica attrezzatura che partendo dalla granella di cacao arriva alla tavoletta in poche ore.

In Via De Amicis siamo lontani dalle polemiche e dalle barbe hipster dei fratelli Mast; un caso in cui forma e storytelling hanno contribuito al grande successo, ma poi nella sostanza molte sono state le critiche rispetto alle aspettative. Qui invece c’è una schiettezza tutta mediterranea e un “From bean to bar” ben illustrato da cartelli esplicativi e completamente a vista. Il laboratorio è infatti una struttura trasparente che dà direttamente sulla sala; uno deglciocco2i sforzi di originalità che si era prefissato chi scrive è stato quello di non ricorrere all’espressione “fabbrica del cioccolato”, compito facile, perchè non occorre vincere nessun biglietto d’oro per la visita alla fabbrica, qui la produzione del cioccolato va in scena e diventa spettacolo en plein air per tutti.

Cucine e laboratori, una volta reconditi anfratti che custodivano gelosamente segreti culinari, ora li svelano e si svelano allo sguardo di aspiranti cuochi, gourmet o semplicemente curiosi. Vogliamo vedere padelle, mani in pasta, farina, cacao e rifiniture di piatti, come in un acquario gastronomico, attraverso un vetro. Moda passeggera? Desiderio di conoscere o semplice voyeurismo gastronomico?

Ma entriamo nel merito e qui il merito è l’impianto che racchiude le macchine per tutto il processo produttivo, partendo dalla fava, precedentemente maturata, raccolta, fermentata ed essiccata. Il cacao scelto da CioccolatItaliani è il “fino de aroma”, un ibrido tra Criollo e Trinitario, proveniente dalla Colombia, dai sentori fruttati e poco acido.

Un cortese e preciso addetto alla produzione illustra le varie fasi. Per prima la tostatura delle fave che prevede l’innalzamento della temperatura, di conseguenza aromi che si sprigionano per effetto del calore; segue una reazione di Maiciocco5llard che associamo a golose caramellizzazioni degli zuccheri attorno ad un bel pezzo di arrosto, ma che qui assume un altro aspetto. Viene poi la fase isotermica a trenta gradi e per ultima quella del raffreddamento. Le fave sono quindi “sparate” in scenografici tubi trasparenti ad aria compressa verso una macchina dove vengono decorticate, divenendo così granella. Vengono quindi separate le bucce non commestibili dalle grue, queste ultime usate anche nella preparazione di piatti salati. Ancora tramite il trasporto ad aria compressa la granella passa ad una macchina per la macinatura, si arriva così allo stato liquido. Un’ulteriore fase nella cosidetta Micron che, con sfere d’acciaio rotanti di 8 mm , rende più fine il cioccolato, è la fase della raffinazione. Rimarrà qui per sessanta minuti con l’aggiunta di altri ingredienti, quali ad esempio zucchero a velo e lecitina. Il composto viene ulteriormente setacciato e alla fine nella temperatrice per ridurre l’acidità e rendere omogeneo il cioccolato. Tavolette, bottoni ed altre forme sono così pronti all’assaggio, tutto il processo in sole due ore.

L’offerta del negozio è varia: pasticceria, caffetteria e gelateria assieme. Si avvale della collaborazione del pasticcere Leonardo Di Carlo e propone anche gelati con i “Conciocco1i d’autore” con nomi da favola come “l’isola che non c’è” o “vissero per sempre di cioccolato e cannella”, multi strato e variamente decorati, sempre all’insegna del cioccolato, maestro gelatiere è Roberto Lobrano. Una sezione è dedicata a “I Grandi del cioccolato”, senza nessuna rivalità vengono venduti e promossi produttori artigianali italiani : i cremini di Gobino, le praline di T’A, il cioccolato di Modica di Sabadi o il fondente di Domori.

Si fanno cose buone ma anche in un bel contesto di design: legno e luminosità caratterizzano una sala ad angolo in totale trasparenza tra Via De Amicis e Via Conca del Naviglio con un bel portale con apertura a portafoglio ad accogliere i clienti sotto l’acronimo FBTB.

 

Roberto
Roberto
About me

Impiegato a tempo indeterminato, ma aspirante "flâneur", almeno nei sogni; un ozio creativo nel quale dedicarsi completamente alla buona tavola, al cucinare, alle arti visive, alla lirica e alla lettura dell'opera omnia di Balzac. Restando coi piedi per terra coltivo queste attività come passioni personali, quando posso, nel tempo libero. Scrivo di cibo perché amare qualcosa e voler comunicare questo amore credo siano una cosa sola, da gourmand aspirante gourmet, sempre pronto ad imparare cose nuove.

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