Anna By

Un’Italia bella e buona


Presentare il Premio Gavi ‘La buona Italia’ mi ha dato l’occasione di conoscere una realtà nascosta del nostro Paese, che merita una visita e un approfondimento.
Ma mi ha anche offerto l’occasione di riflettere sul rapporto arte e enogastronomica, dandomi dei dati certi e verificati su quanto la cultura possa davvero fare la differenza anche nel momento in cui si deve fare business.

Il premio infatti, per il secondo anno consecutivo, monitora tutte le iniziative culturali che vengono prodotte e sostenute da realtà vinicole italiane e vuole essere un veicolo di conoscenza e promozione di queste realtà, che investono in un’attività non propriamente business oriented spesso per una grande passione che muove le persone che lavorano all’interno delle aziende.

Roberta Ceretto, prima tra i premiati, è risoluta: ‘Non c’è stata strategia, da parte mia e della mia famiglia, come quasi sempre nella nostra attività’. Se non c’è stata, credo che la strategia sia insita nel DNA. Perché a distanza di anni dal primo impegno dei Ceretto nel mondo della cultura, un rapporto del Centro Studi per il Turismo dell’Università di Bergamo dà loro pienamente ragione, dimostrando che investire in cultura ripaga anche dal punto di vista economico.
Roberta Garibaldi, Direttore del CeSTIT, ha condotto la Presentazione del 1° Rapporto ‘Wine, Food & Arts in Italia: highlights’ .
Mi ha colpito la perfetta aderenza dei risultati del suo studio con la realtà che vivo quotidianamente.

Brevissimamente, per punti:

L’unicità dell’esperienza
‘Localizzare opere d’arte in una cantina, ad esempio, chiude il cerchio a un sistema personale di rappresentazione del territorio, in cui tutti gli elementi inseriti devono essere coerenti l’uno rispetto all’altro, il cibo, l’arte, il sistema produttivo e in questo risiede la magia di tali luoghi. Chi li visita si trova immerso in una atmosfera assolutamente unica, in quanto data dall’unione di diversi elementi, che forse slegati possono essere fruiti singolarmente, ma il cui connubio è godibile solo in un determinato luogo.’
Così facendo, si riesce a trasformare un’esperienza da semplice consumo in un evento memorabile, capace, da solo, di riportarci direttamente al prodotto e a legare indissolubilmente il suo consumo ad un momento indimenticabile.
Da qui al volerlo riassaporare, acquistandolo di nuovo, il passo è breve.

Puntare sulla somma dei fattori
‘Arte più cultura più cibo: creare sinergie permette di costruire esperienze creative con un alto valore aggiunto, quindi capaci di affrontare in modo nuovo e più competitivo le sfide del mercato globale e rendere il prodotto facilmente differenziabile e riconoscibile da parte del consumatore.

Tailor made
‘L’esperienza oggi è diventata un elemento cardine nel processo di consumo. La maggiore personalizzazione e tematizzazione di ciò che offrono, ai fini di soddisfare i numerosi e differenti bisogni dei consumatori, quali creatività, autenticità, sostenibilità, …. In secondo luogo, l’esperienza contiene una componente relazionale: chi acquista vuole essere protagonista, co-creare la propria esperienza di consumo per trovare appagamento.

E’ necessario che nei singoli territori sia sviluppato un approccio più dinamico e coinvolgente, capace di educare e sensibilizzare le persone e che renda evidente il valore aggiunto legato agli alimenti e ai vini della loro tradizione: un valore aggiunto che non è misurabile solo in termini di salute, ma anche in termini di cultura.
Le conclusioni
‘Siamo riusciti a dimostrare quanto gli operatori privati abbiano colto le opportunità di investire in un settore che non necessariamente porta nel breve periodo profitti, ma che invece contribuisce a migliorare quegli asset intangibili che influenzano il sistema dei valori aziendali e promuovono l’innovazione, con ricadute positive sia in termini di immagine che di relazione.’

E’ ancora Roberta Ceretto a riportare la filosofia alla concretezza: ‘Aprite le cantine’.
Banale, forse, ma non così scontato. L’esperienza vissuta in Francia, o in altre parti d’Italia, è infatti la più appagante per il consumatore: non serve prenotare, non bisogna organizzarsi. Si attraversa un luogo e ci si imbatte in una cantina, che ha sempre le porte aperte, in attesa dei visitatori, pronti a cogliere l’essenza del luogo, la bellezza del racconto, il piacere della conoscenza. Ai quali segue, indissolubilmente, l’acquisto e la memoria.
Eventi come quelli di Gavi, quindi, sono la perfetta chiusura del cerchio: perché ci permettono di fare un’esperienza sul territorio e ci offrono la possibilità di conoscerne le caratteristiche e i prodotti, ma non si limitano a questo. Ci danno anche la possibilità di conoscere altre realtà, ugualmente interessanti, da visitare nelle prossime occasioni.

Anna
Anna
About me

Anna Prandoni, giornalista e scrittrice, si occupa da oltre quindici anni di enogastronomia, con particolare attenzione alla storia dell’alimentazione e alla sua influenza sulla cultura e sulla società italiane. www.annaprandoni.it

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