Fabio Zago By

Riflessioni sui piatti dei creativi


L’arte contemporanea così detta ha sostanzialmente, radicalmente modificato quella che per secoli è sembrata essere la sua funzione: definire e proporre bellezza.
Quel miscuglio ancora non ben definito e forse non definibile di bisogno di un richiamo estetico che è biologico, culturale, profondamente psicologico, metafisico.
Quella ricerca di immagini, forme, colori, ma, nel caso del cibo anche odori, sapori, consistenze che ci rendono felici e che ci accompagnano per tutta la vita.
Da un secolo l’arte propone qualunque oggetto o immagine: persino cose brutte, orribili, angoscianti e repellenti perchè anche questo c’è nel mondo ed è vita. Può emozionare, colpire e far riflettere. Sedurre o sconvolgere.
Allo stesso modo, seppure entro i suoi ridottissimi limiti, la gastronomia propone, in questi ultimi anni, delle preparazioni culinarie perlomeno strane, fuori dal comune, spesso incomprensibili nella loro immagine, lontane dall’iconografia classica del cibo comune e quindi facilmente identificabili.
Terra, cactus, formiche, colate di nero di seppia che sembrano mari contaminati dal petrolio, miscugli incomprensibili di ingredienti e prodotti esotici che vanno spiegati all’ospite.
Oppure forme rassicuranti ma che nascondono tutt’altro come degli spaghetti che in realtà sono tutto tranne che spaghetti. In questo caso è più facile perché storicamente abbiamo già visto mille volte gli spaghetti e la loro forma è rassicurante; funghi che in realtà erano uova sode o cigni che erano e sono dei bignè. È il tentativo di riprodurre la natura nel piatto.
E anche questo desiderio totalmente esagerato di riprodurre la natura con dei giochi trompe-l’oeil è piuttosto puerile, seppure può essere divertente.
Il cuoco pretende di riporre il mondo nel piatto: la terra, il mare, le nuvole e altro ancora.
Ho incontrato chef stellati che pretendevano che io palpassi dei differenti tessuti mentre assaggiavo del cioccolato, per una esperienza sensoriale tattile migliore!
Qualcosa tra il gioco non richiesto e il delirio!
Questo tipo di preparazione gastronomica non può prescindere dal contenitore che ospita il cibo, dalla sua cornice e ancora meno dal luogo, il ristorante.
Piatti, ciotole, pezzi di legno, vassoi di forme, colori e materiali adatti solo per “quel” determinato cibo.
Può essere proposto soltanto a un pubblico molto limitato numericamente e che ha con l’artista/cuoco, se vogliamo definirlo così, un rapporto di fiducia totale e di conoscenza a priori.
Il cibo che non sembra cibo è “naturalmente” rifiutato, essendo non conosciuto e quindi, antropologicamente pericoloso.
Come può esserlo il sapore di amaro per un bambino, per fare un esempio.
È cibo per chi non mangia.
È cibo per ricchi.
È cibo elitario.
Ora, al di là del fatto che quel cibo sappiamo che finisce in un attimo e finisce altrove in poco tempo, di questa presunta arte, di questa creatività rimarrà qualcosa? Sembrerebbe di no.
Nessuno o quasi ricorda un solo piatto di questi cuochi creativi.
Di tutti questi piatti “stravaganti e improbabili” molti sono buoni, senza dubbio, ma la loro estetica è del tutto anomala e il senso di questa breve riflessione mi riconduce al quesito di apertura. Il senso della bellezza gastronomica è ormai libero da ogni vincolo culturale e biologico oppure restiamo legati entro confini conosciuti, sicuri?
Di tutti i piatti “creativi” proposti dai cuochi più giovani resterà qualcosa?
Fabio Zago
Fabio Zago
About me

Fabio Zago, docente dell’Accademia Gualtiero Marchesi, è il consuente gastronomico di unaricettalgiorno. Presta la sua consulenza gastronomica per riviste di settore ed è consulente gastronomico per numerose aziende agroalimentari. E’ autore di testi scolastici adottati in diversi Istituti Alberghieri italiani e di numerosi libri di cucina per il grande pubblico: “Rapida Mente buoni”, “La cucina wok”, “Mousse paté e terrine”, “I sapori della cucina tex mex”, “I sapori della cucina araba”, “Cucina ok a basso prezzo”, “La buona cucina vegetariana”, “Il piatto in un bicchiere”. E’ autore e curatore di una collana di cucina dietetica: “La buona cucina in gravidanza”, “La buona cucina disintossicante”, “La buona cucina senza latte”, “La buona cucina con le fibre”. Già durante gli anni di formazione all’Istituto Alberghiero ha iniziato a viaggiare per il mondo alla scoperta di realtà gastronomiche e culturali diverse dalla sua. Gli Stati Uniti, Londra e Parigi sono state le tappe fondamentali della sua crescita e gli hanno lasciato un’impronta cosmopolita, ma al contempo hanno radicato in lui la convinzione che quella mediterranea è la miglior cucina possibile. E’ stato Direttore Didattico della Scuola de La Cucina Italiana per oltre 20 anni. Ha lavorato presso prestigiose realtà nel mondo, fra cui: Hotel Excelsior, Cras Montana (CH) Centro enogastronomico Altopalato, Milano Excelsior restaurant, Beverly Hills, California (USA) Café Royal restaurant, Londra (UK) Forte Hotel Village, S.ta Mangherita di Pula La Cucina Italiana web e carta Oltre ad aiutarci in cucina e a suggerirci ricette, firma i suoi spigolosi post sul blog

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