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Est! Est!! Est!!!


Est! Est!! Est!!! – Un vino che è leggenda

“Est! Est!! Est!!!”. Ma qui l’Oriente non c’entra nulla: nessun riferimento geografico, niente a che fare con la Cina o con la corsa ai nuovi mercati emergenti.
Qui si parla latino e si parla di vino.

“Est! Est!! Est!!!”, scritto proprio così, con sei punti esclamativi, è la gloria vinicola di Montefiascone.
La scheda tecnica parla di un bianco Doc prodotto in provincia di Viterbo con uve di Malvasia e Trebbiano, ma inevitabilmente curiosità e attenzione sono attratte per prima cosa dal suo nome.
E allora bisogna fare un lungo passo indietro (oltre 900 anni) e immergersi in quella zona incerta che conduce al confine fra storia e leggenda.
Nel 1111 Enrico V di Franconia, con un nutrito esercito al seguito, stava attraversando l’Italia per raggiungere Roma, dove intendeva farsi consegnare (con le buone o con le cattive) la corona del Sacro Romano Impero dal Papa, Pasquale II. Del suo seguito faceva parte anche un vescovo, Johannes Defuk, noto conoscitore (e appassionato consumatore) di vini, che era solito sfruttare gli spostamenti al seguito del sovrano per individuare e apprezzare i migliori prodotti delle cantine dei territori attraversati.
Non è un caso quindi che fra i suoi collaboratori e servitori, oltre a sacerdoti, scrivani e valletti, trovasse posto anche un coppiere, di nome Martino, che, su incarico dell’alto prelato, rastrellava le zone di passaggio del corteo reale alla ricerca di vini che avrebbero potuto interessare il suo padrone. Così, mentre il vescovo si intratteneva in (presumiamo) colti conversari, Martino batteva borghi e campagne, passando fra locande e taverne per assaggiare e valutare. L’accordo con il vescovo era semplice: il coppiere doveva muoversi in avanscoperta, anticipando l’arrivo dei nobili e delle truppe e segnalare la presenza di qualche vino interessante. Come? Semplicemente scrivendo accanto alla porta della locanda dove lo aveva provato la parola “Est”, vale a dire: “C’è”. Ma non solo: il vescovo, che evidentemente si fidava delle conoscenze enologiche e del gusto del suo coppiere, aveva autorizzato Martino ad esprimere una prima valutazione del prodotto assaggiato. Così se per un buon vino sul muro compariva la scritta “Est”, per un ottimo vino il coppiere avrebbe dovuto raddoppiare la segnalazione scrivendo “Est Est”.
Non si sa quante tracce del suo passaggio Martino abbia lasciato lungo il percorso che aveva condotto Enrico dalla Germania alle porte del Lazio. Quello che si racconta però è che, arrivato a Montefalcone e provato il vino locale, fu talmente colpito dalla sua straordinaria qualità, che pensò fosse necessario segnalarlo con una indicazione assolutamente particolare, capace di attirare senza equivoci l’attenzione del vescovo, ma anche di mettere in evidenza il suo giudizio senza precedenti sulla bontà di quel “bianco”. Se, dunque, per un buon vino poteva bastare un “Est” e per un ottimo prodotto si poteva arrivare a due, per quel bianco di Montefalcone Martino si esibì in una tripla scritta, accompagnata da un crescendo di punti esclamativi: “Est! Est!! Est!!!”. Inutile aggiungere che il vescovo Defuk si fermò, assaggiò il vino e condivise il giudizio del coppiere. Anzi, per gustare meglio la nuova scoperta prolungò la sosta fino a tre giorni e, ultimata la missione romana, invece di tornare in Franconia con Enrico, decise di fermarsi a Montefalcone, dove rimase sino alla fine dei suoi giorni, avvenuta secondo i maligni proprio per un poco dignitoso eccesso di bevute. Sepolto nella chiesa di san Flaviano, sulla sua lapide si può ancora leggere l’iscrizione: «Per il troppo Est! qui giace morto il mio signore Johannes Defuk». In riconoscenza dell’ospitalità ricevuta, il vescovo lasciò alla cittadinanza di Montefiascone un’eredità di 24.000 scudi, a condizione che ad ogni anniversario della sua morte una botticella di vino venisse versata sul sepolcro.
Tradizione che venne ripetuta per diversi secoli, per lasciare il posto, in tempi più recenti, ad un corteo storico, che fa rivivere la leggenda del vino di Montefiascone e del vescovo suo grande estimatore.
E Enrico V? Arrivato a Roma scoprì che il Papa non aveva alcuna intenzione di incoronarlo.
Per risolvere il problema fece prigionieri il pontefice e alcuni cardinali. Ottenuta la corona imperiale se ne tornò in Germania, mentre il Papa revocava ogni accordo e disponeva la sua scomunica, proclamata solennemente in Santa Tecla dall’arcivescovo di Milano.
Ma questa è un’altra storia. Anzi, è Storia.

 

di Daniela Guaiti

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