Alain Ducasse
Châteaux & Hôtels Collection: Alain Ducasse racconta un viaggio nello charme lungo 40 anni
Prestigio, eleganza, accoglienza, carattere. In una parola charme. È questo che accomuna le 520 maison, tra hotel di charme e ristoranti gourmet, che fanno capo al brand. È questa la cifra stilistica del marchio che quest’anno ha compiuto 40 anni, la chiave della filosofia di Alain Ducasse, che dal 1999 guida il gruppo. Il grande chef racconta la bellezza di una “collezione” di luoghi in cui viaggiare, in Francia e nel mondo: ville, castelli, palazzi e tante altre strutture accolgono il viaggiatore nel cuore del luogo in cui sorgono, offrendo cultura e relax, fascino e piacere, sempre con un occhio attento alla gastronomia.
Châteaux & Hôtels Collection: nel marchio è presente il termine “collezione”. Vuol dire che chi viaggia con Châteaux & Hôtels è un collezionista?
«In un certo senso sì. Il nostro programma fedeltà si chiama Les Collectionneurs (“I collezionisti”). Si rivolge a viaggiatori che vogliono che il loro soggiorno diventi parte integrante della loro collezione di ricordi e di esperienze. E aggiungo che anche noi siamo collezionisti perché cerchiamo le strutture di charme come altri scovano oggetti da collezione».
Come riesce a coniugare una visione di insieme univoca con la personalità di ogni singolo luogo?
«Il filo conduttore è lo charme. Ci sono mille modi per far nascere questa emozione: la personalità dell’albergatore, i sapori della tavola, la storia del luogo… Ma il sentimento è sempre lo stesso e il viaggiatore lo percepisce».
Ogni albergo ha un’anima: quali sono i suoi preferiti?
«Li amo tutti. D’altronde è per questo che fanno parte della nostra collezione. Ma posso sicuramente citare qualche struttura che rappresenta senza dubbio un ottimo esempio della nostra collezione, fra i quali ciascuno potrà scegliere secondo il suo stato d’animo e la sua voglia.
La particolarità dell’Antica Corte Pallavicina, in Emilia Romagna, è quella di essere una vera fattoria, realizzata in una superba abbazia del XIV secolo. Il viaggiatore buongustaio potrà apprezzare un culatello di Zibello assolutamente straordinario. E nello stesso spirito a L’Andana, nella Maremma Toscana, abbiamo un bellissimo oliveto che ci consente di fare il nostro olio d’oliva.
In un paesaggio molto diverso, la Savoia, io penso alla Maison di René e Maxime Meilleur, La Bouitte. Lo chalet è magnifico e in tavola è tutto semplicemente eccezionale. Ma potrei parlare lungamente anche dei Paesi Baschi. Fra i numerosi indirizzi che noi proponiamo, due mi piacciono particolarmente: l’Auberge Basque di Cedric Bechade in uno stile piuttosto moderno, sulle rive della Nivelle, e Ithurria, à Aïnhoa che conserva con intelligenza e sensibilità la tradizione basca. Ognuna di queste strutture è assolutamente unica: non si può né comparare né classificare. Tutto il loro fascino risiede nella loro identità peculiare».
Un’anima francese che guarda all’Europa: quali sono i rapporti con gli altri Paesi?
«Effettivamente noi siamo francesi di nascita ed europei per vocazione. Abbiamo cominciato a estendere la nostra collezione in Italia perché sentiamo un’affinità particolare con l’arte dell’accoglienza di questo paese. Dunque noi proponiamo già numerosi indirizzi italiani, ma ci estendiamo anche verso altri vicini europei che hanno bellissime tradizioni con stili molto differenti. Per esempio abbiamo selezionato una maison tipicamente inglese, la Headlam Hall, la cui autenticità è perfettamente in linea con il nostro marchio».
Quanto è importante per i clienti la buona cucina?
«Non sarà certo un cuoco come me a dirvi che la cucina è un elemento secondario. La cucina è un modo meraviglioso di cogliere l’anima di un luogo. Partendo dalla cucina si risale evidentemente ai prodotti, quindi agli uomini e alle donne che li realizzano, ai territori. E in tutta Europa si trova questa fusione eccezionale fra paesaggi, sapori e vecchie pietre».
Cucina tradizionale o cucina d’autore?
«Ogni cuoco si esprime secondo la sua sensibilità. Come diceva Paul Bocuse: “Non c’è che una cucina: quella buona”».